Titolo: ET IN ARCADIA EGO -GUERCINO- (2012)
Dimensioni: 32x26 cm.
OLIO SU TAVOLA CON MODELLO IN RESINA
Et in Arcadia ego è un'iscrizione riportata in alcuni importanti dipinti del Seicento, fra cui uno del Guercino, realizzato fra il 1618 ed il 1622. Essa appare anche come iscrizione tombale sul dipinto "I pastori di Arcadia" (circa 1640), del pittore francese Nicolas Poussin. La frase può tradursi letteralmente, "Anche in Arcadia io": dove Et sta per etiam (anche), viene sottinteso:sum (sono presente) o eram (ero).
Titolo: SAN GIORGIO E IL DRAGO-OMAGGIO A PAOLO UCCELLO- (2012)
Dimensioni: 40x31 cm.
OLIO SU TAVOLA CON MODELLO IN RESINA
San Giorgio e il drago è un dipinto a olio su tela (57×73 cm) di Paolo Uccello, conservata alla National Gallery di Londra e databile al 1456 circa. Sebbene notoriamente l'uso della tela come supporto per i dipinti sia divenuto popolare a Venezia verso la fine del Quattrocento, pare che i primi esempi di pittura su tela siano fiorentini. Questo dipinto, nello specifico, pare essere il primo (o meglio il più antico) esempio a noi pervenuto di olio su tela, dopo la Crocifissione di Donato de' Bardi. L'opera ritrae il cavaliere San Giorgio mentre dall'alto del suo cavallo sta trafiggendo lo spaventoso drago che tiene legata la principessa da salvare, anche se sembra che sia lei a tenerlo al guinzaglio.
Titolo: LA NASCITA DI VENERE-OMAGGIO A BOTTICELLI-(2012)
Dimensioni: 43.5x28 cm.
OLIO SU TAVOLA CON MODELLO IN RESINA
La Nascita di Venere è un dipinto a tempera su tela di lino (172 cm × 278 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1482-1485 circa e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Opera iconica del Rinascimento italiano, spesso assunta come simbolo della stessa Firenze e della sua arte, faceva forse anticamente pendant con l'altrettanto celebre Primavera sempre di Botticelli, con cui condivide la provenienza storica, il formato e alcuni riferimenti filosofici. Rappresenta una delle creazioni più elevate dell'estetica del pittore fiorentino, oltre che un ideale universale di bellezza femminile. La Nascita di Venere è da sempre considerata l'idea perfetta di bellezza femminile nell'arte. Così come il David è considerato il canone di bellezza maschile. Poiché entrambe le opere sono conservate a Firenze, i fiorentini si vantano di possedere i canoni della bellezza artistica all'interno delle mura cittadine.
Titolo: IL VIANDANTE SUL MARE DI NEBBIA-OMAGGIO A FRIEDRICH - (2011)
Dimensioni: 40x50 cm.
OLIO SU TAVOLA CON MODELLO IN RESINA
Viandante sul mare di nebbia (Der Wanderer über dem Nebelmeer) è un dipinto ad olio su tela di Caspar David Friedrich realizzato nel 1818. È attualmente esposto al Hamburger Kunsthalle ad Amburgo. L'opera è fedele allo stile romantico e in particolare a quello di Friedrich, essendo simile ad altre sue opere come Kreidefelsen auf Rügen e Mare di ghiaccio. Il viandante porta già nel suo nome l'emblema del personaggio romantico, irrequieto, tormentato, alla ricerca dell'infinito rappresentato dal paesaggio e dall'orizzonte in lontananza; l'individuo che si perde di fronte alla stupefacente grandiosità della Natura, in un atteggiamento contemplativo visto come estrema esperienza interiore e spirituale. Secondo Gorra (2004), l'opera vorrebbe trasmettere una delle introspezioni kantiane espressa attraverso la contemplazione del viaggiatore del mare di nebbia, sostiene che il Viaggiatore sia una metafora del futuro sconosciuto. Gaddis (2004) ritiene che la posizione del viaggiatore sul precipizio trasmetta un significato ambiguo perché essa "è contraddittoria, visto che lascia intendere il dominio sul paesaggio e l'irrilevanza dell'individuo all'interno di esso".
Titolo: CARAVAGGIO SAN MATTEO E L'ANGELO
Dimensioni: 50x40 cm.
E' un dipinto ad olio su tela di cm 295 x 195, realizzato nel 1602 dal pittore italiano Caravaggio. È conservato a Roma nella cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. Due anni dopo aver dipinto le tele laterali per la cappella Contarelli, Caravaggio fu chiamato a concludere l'opera dipingendo anche la pala centrale. La prima versione di questo quadro fu rifiutata dalla congregazione: in essa era rappresentato il santo come un popolano semianalfabeta a cui l'angelo guida materialmente la mano nello scrivere il Vangelo. L'opera destò scandalo per l'atteggiamento confidenziale tra l'angelo e il santo e, soprattutto, dalla resa del santo in posizione rozza: senza aureola e con le gambe scoperte. Venne malvista anche la presenza di caratteri ebraici sul Vangelo. L'opera acquistata da Vincenzo Giustiniani passò ai Musei di Berlino e fu distrutta verso la fine della seconda guerra mondiale nell'incendio della Flackturm. La seconda versione emula i canoni dell'epoca: San Matteo, ispirato da un angelo apparso alle sue spalle, ha l'aspetto di un dotto e scrive di suo pugno il Vangelo, ispirato ma non più materialmente condotto dall'angelo che, con un gesto, sembra elencargli i fatti che dovrà narrare nel testo. L'unico accenno di "spregiudicatezza" dell'opera è la posa del santo, che si appresta a scrivere imbevendo la penna nel calamaio stando appoggiato con le braccia al tavolo, e con la gamba ad uno sgabello in equilibrio precario, quasi a sottolineare l'incertezza sul cosa scrivere.
Titolo: CONIUGI ARNOLFINI (JAN VAN EICK)
Dimensioni: 60x40 cm.
Il Ritratto dei coniugi Arnolfini è un dipinto ad olio su tavola del pittore fiammingo Jan Van Eyck, datato 1434. Misura 81,80x59,40 cm ed è conservato alla National Gallery di Londra. Considerato tra i capolavori dell'artista è anche una delle opere più significative della pittura fiamminga nella sua aura complessa ed enigmatica, ha acquistato una fama misteriosa, che i numerosi studi e le domande ancora irrisolte hanno alimentato. L'opera è uno dei più antichi esempi conosciuti di pittura che ha come soggetto un ritratto privato, di personaggi viventi, anziché le consuete scene religiose. Mostra la coppia in piedi, riccamente abbigliata, che si trova dentro la stanza da letto, mentre l'uomo, Giovanni Arnolfini, fa un gesto verso lo spettatore che può essere interpretato in vari modi, dalla benedizione, al saluto, al giuramento. La moglie gli offre la sua mano destra, mentre appoggia la sinistra sul proprio ventre, con un gesto che ha fatto pensare a un'allusione alla gravidanza. La posa dei personaggi appare piuttosto cerimoniosa, praticamente ieratica; questi atteggiamenti "flemmatici" sono probabilmente dovuti al fatto che si sta rappresentando la celebrazione di un matrimonio, dove pertanto tale serietà è d'obbligo, o consona. La stanza è rappresentata con estrema precisione ed è popolata da una grande varietà di oggetti, tutti rappresentati con un'attenzione estrema al dettaglio. Tra tutti gli oggetti spicca al centro uno specchio convesso, dettaglio giustamente celebre ed enigmatico, dove il pittore dipinse la coppia di spalle e il rovescio della stanza, dove si vede una porta aperta con due personaggi in piedi davanti, uno dei quali potrebbe essere il pittore stesso.
Titolo: DAVIDE E GOLIA (CARAVAGGIO)
Dimensioni: 20x15 cm.
Davide e Golia è un dipinto ad olio su tela di cm 116 x 91 realizzato tra il 1597 ed il 1598 dal pittore italiano Caravaggio. È conservato al Museo del Prado di Madrid L'opera è documentata nelle collezioni reali spagnole nel 1781, all'epoca di re Carlo III Venne trasferita nel Museo del Prado dalla regina Maria Isabella di Braganza moglie di Ferdinando VII. Studi approfonditi sul dipinto non hanno ancora fatto soccombere il dibattito critico circa la sua autografia. Non figura in alcuna biografia contemporanea dell'artista e presenta il problema irrisolto dell'iconografia, alquanto ardua. Rinunciando alle riproposizioni eroiche sollevate sin dal 1400 intorno alla figura di Davide, qui il pittore sceglie di rappresentare l'eroe poco più che bambino, concentrato coi capelli di Golia. Non si indulge sul futuro approfondimento dell'artista sulle espressioni derivate dagli atti di violenza. Si tratta invece di una rilettura del mito tacitamente astratta, in ossequio forse più alla descrizione realistica ed intellettuale che associavano la naturalezza, non tanto alla raffigurazione della cruda realtà, quanto alla collocazione del mito in un'atmosfera quasi gioviale, bucolica, che rinuncia all'imperfezione. Unico accenno al non lontano interesse del pittore verso le future ricerche espressive è, nell'angolo sulla sinistra, il pugno stretto del corpo decapitato del gigante.
Titolo: EBREZZA DI NOE' (BELLINI 1515)
Dimensioni: 60x42 cm.
L'Ebrezza di Noè è un dipinto a olio su tela (103x157 cm) di Giovanni Bellini databile al 1515 circa e conservato a Besancon. Il dipinto fa parte dell'ultima fase produttiva dell'artista, quella in cui abbracciò le novità del tonalismo di Giorgione. Attribuito in passato a varie personalità, dal Cariani (Berenson) all'ambito di Lorenzo Lotto (Gilbert, 1956), al giovane Tiziano (Heinemann, 1962), fu riconosciuto come opera tarda di Bellini da Roberto Longhi seguito poi da tutta la critica successiva, compreso lo stesso Berenson che cambiò opinione (nel 1957). Sullo sfondo di una vigna scura, i tre figli di Noè (Cam, Sem e Iafet) si stanno adoperando per coprire la nudità del padre ebbro, cercando di non guardarlo. L'Ebrezza di Noè era letta, fin da Sant'Agostino, come immagine profetica del Cristo deriso, inoltre la piantagione della vigna, visibile nella parte sinistra, era un simbolo dell'Incarnazione. La scena è risolta con piani larghi di colore rossastro e violaceo, con una densa pastosità della materia pittorica, derivata dall'esempio di Giorgione. La composizione si svolge in orizzontale, col vecchio sdraiato, ed è resa viva dalla connessione apparentemente casuale di gesti che legano le figure l'una all'altra. Abbracciando le novità cinquecentesche l'anziano maestro Bellini non rinuncia però alla sua preparazione tipicamente quattrocentesca, curando attentamente il disegno di base e studiando l'andamento prospettico di gomiti, mani e ginocchia. Gli accesi toni cromatici accentuano l'inconsueto dinamismo.
Titolo: LA RAGAZZA CON ORECCHINO
Dimensioni: 40x57 cm.
La Ragazza col turbante o Ragazza con l'orecchino di perla è uno dei più famosi quadri di Jan Veermer. Pare che l'artista olandese lo abbia dipinto fra il 1665 ed il 1666 (secondo alcune fonti in anni ancora successivi). Dipinto ad olio su tela, misura 44,5 × 39 cm ed è conservato alll'Aia. Raffigura una fanciulla volta di tre quarti. Colpisce in particolare modo l'espressione estetica, assolutamente languida ed ammaliante (secondo alcuni carica anche di un innocente erotismo), dello sguardo della giovane modella: sembra sia stato lo stesso Vermeer a chiedere alla ragazza, posta di fronte alla grande finestra illuminata dalla luce naturale del suo atelier, di voltare il capo più volte lentamente, tenendo socchiuse le labbra per produrre questo effetto. Riemerso dall'anonimato nel 1881 quando il quadro fu messo all'asta all'Aia da un certo signor Braams, fu acquistato ad un prezzo risibile (due fiorini più 30 centesimi di commissione) dal collezionista Arnoldus des Tombe su suggerimento dello storico dell'arte Victor de Stuers.
Titolo: SAN GIORGIO E IL DRAGO DI PAOLO UCCELLO
Dimensioni: 60x35 cm.
San Giorgio e il drago è un dipinto a olio su tela (57×73 cm) di Paolo Uccello, conservata alla National Gallery di Londra, databile al 1456 circa. Sebbene notoriamente l'uso della tela come supporto per i dipinti sia divenuto popolare a Venezia verso la fine del Quattrocento, pare che i primi esempi di pittura su tela siano fiorentini. Questo dipinto, nello specifico, pare essere il primo (o meglio il più antico) esempio a noi pervenuto di olio su tela, dopo la Crocifissione di Donato de Bardi. L'opera ritrae il cavaliere San Giorgio mentre dall'alto del suo cavallo sta trafiggendo lo spaventoso drago che tiene legata la principessa da salvare, anche se sembra che sia lei a tenerlo al guinzaglio. Lo sfondo è composto dalla grotta dove il drago ha il suo antro e di un sereno paesaggio con un turbine di nuvole sopra San Giorgio, a simboleggiare il suo vigore guerriero. Il ciclone dietro san Giorgio è composto da un vortice di nubi, che sembra anticipare gli studi dal vero di Leonardo Da Vinci. Il suolo è composto da siepi quadrangolari disegnate secondo le regole della prospettiva lineare centrica, della quale Paolo Uccello fu uno dei primi maestri. Nonostante la rigorosità della costruzione, la disposizione dei protagonisti non dà un'idea convincente di profondità, essendo semplicemente giustapposti allo sfondo, tanto che non proiettano nemmeno le ombre in terra. La principessa poi, così longilinea, composta e aristocratica, sembra presa dalla cultura tardogotica facendo di questa tavola un'opera di transizione tra il Rinascimento e la cultura gotica, dove sono presenti alcuni elementi innovativi ma ne mancano altri. Non mancano infatti accenni fiabeschi o paradossali, come il guinzaglio con cui la principessa tiene lo stravagante drago o la sottilissima lancia, che nella realtà sarebbe estremamente fDi Paolo Uccello esiste anche un'altra tavola con San Giorgio e il drago di dimensioni simili (52×90 cm), conservata nel Museo Andrè di Parigi. Datata a un periodo leggermente successivo, presenta alcuni accorgimenti come un accenno di ombra al suolo, mentre la resa delle figure è più schematica. Una terza tavola, forse anteriore alle altre due, si trova alla National Gallery of Victoria di Melbourne.